Cenni Storici

Storia di Sipicciano: 
Fonte delle informazioni dal "portale della Comunità di Sipicciano (Viterbo), di Claudio Mancini.
www.sipicciano.it - http://cmancini.jimdo.com/

Le prime notizie di Sipicciano si riferiscono all’anno 840 quando si cita un «fundo Sepiciano» in un documento con cui l’imperatore longobardo Lotario I dispone e conferma al Monastero di Farfa i privilegi concessi dai suoi predecessori ed il possesso di tutti i suoi beni. Altra notizia si ricava da un diploma dell’imperatore Ottone I dove si afferma che, intorno all’anno 1000, porzione del «Casale Sipiccianum, in quo est Ecclesia S. Marcellini», era stata invece sottratta ai beni della stessa Abbazia.

Sipicciano ebbe nei secoli passati ordinamenti comunali propri, un proprio Statuto ed un proprio sigillo municipale, al cui centro campeggiava una grande S con in tondo l’iscrizione «Com. Castr. Sipicciani». Dopo essere stato per molti anni sotto il dominio del Comune di Viterbo, nel sec. XIII sono Signori del castello i Baglioni di Castel di Piero,«famiglia molto potente al di qua ed al di là del Tevere» che, con vicende alterne, influenzeranno la vita e le sorti del paese.

Nel sec. XII, durante le continue guerre fra i guelfi ed i ghibellini nate fra le famiglie dominanti Viterbo e la Tuscia, quali i Di Vico, i Gatti, gli Orsini, i Monaldeschi, Sipicciano subisce notevoli danni, il più grande dei quali il 20 giugno 1293, con la distruzione del borgo per opera delle truppe orvietane. Sipicciano ritorna definitivamente sotto la dominazione della Chiesa grazie all’intervento militare e politico del Legato del Patrimonio di San Pietro, cardinale Egidio Albornoz, e grazie anche all’aiuto del capitano Simonetto Baglioni di Castel di Piero il quale, in ricompensa, riceve metà del castello di Graffignano. Il castello, oggetto di omaggi e ricompense per i servizi prestati alla Chiesa, passa dal capitano Angelo di Lavello detto il Tartaglia che lo possedeva nel 1414, a Giordano duca di Paliano nel 1420, per poi essere offerto da papa Martino V nel 1424 a Giordano Colonna, principe salernitano, che nello stesso anno lo cede ai conti di Capranica Pandolfo, Giovanni e Giacomo.

Il 3 marzo 1431 papa Eugenio IV eleva a contea i feudi di Castel di Piero, Graffignano e Sipicciano, concedendo a Francesco o Cecco III, di Giovanni I Baglioni, il titolo di Conte, quale benemerenza che la stessa famiglia Baglioni aveva acquisito nel difendere i diritti della Chiesa. Con esso inizia un lungo periodo di dominio sui tre castelli della Teverina da parte della famiglia Baglioni.

Nel 1434 Cecco Baglioni paga il censo dovuto per i diritti acquisiti su Selva Pagana, vasta tenuta tra i territori di Sipicciano, Graffignano, Montecalvello e Pian Torena, mentre si rafforza con gli anni e con nuove nobili parentele il dominio su Sipicciano. E’ infatti il figlio Pandolfo a tenere il castello ancora nel 1464 insieme alla moglie Maddalena, figlia di Matteo Orsini di Mugnano e di Agnese degli Anguillara.

Dopo una serie di controversie  nate per la spartizione dei beni fra gli eredi, il castello di Sipicciano passa ai fratelli Giovan Paolo e Fierabraccio di Pandolfo, che ne sono Signori nel 1514, e successivamente ai figli di quest’ultimo, Giovan Carlo e Pirro I.

Morto Giovan Carlo e con Pirro I privato dei suoi beni dopo gli oltraggi di lesa maestà da lui commessi nei confronti di papa Adriano VI, il castello passa ad un altro Baglioni, Alfonso figlio di Antonio e di Beatrice Farnese, e da questi alla sorella Ortensia Baglioni-Farnese che nel 1545 dà avvio ai lavori di ristrutturazione del castello di Sipicciano che completa nel 1548, avvalendosi di valenti maestranze del tempo, quali lo scalpellino Musacco da Settignano. Ma Ortensia, sposatasi per ben tre volte in pochissimi anni, lascia il castello per andare a vivere a Vignanello, cedendo la sua quota di proprietà al cugino Alberto Baglioni di Pierbaglione, che ne diventa padrone assoluto dopo aver acquistato anche l’altra quota, appartenuta a Francesca Baglioni, figlia di Pirro I Baglioni.

Alberto vive prevalentemente a Sipicciano, curando i molteplici interessi che ha nella ricca valle Teverina e dando inizio ad importanti lavori, segno della sua potenza e sensibilità artistica, fra i quali il decoro dell’aula magna del suo palazzo (a. 1566) e la commissione ad affrescare la Cappella di famiglia (a. 1582) nella chiesa di Santa Maria Assunta in Cielo.

Morto Alberto il castello passa ai figli Federico e Pirro II i quali, oltre a terminare i lavori della Cappella commissionati dal padre, continuano a curare i molteplici interessi che hanno non solo nella Teverina, ma anche a Viterbo, a Bolsena e nella Tuscia settentrionale. Ma la loro capacità amministrativa è di gran lunga inferiore a quella del padre, e per questi motivi il castello si avvia ad un lento decadimento ed a una lenta spogliazione, per via dei debiti e delle spese ormai insostenibili, anche da parte dei figli di Pirro II, Vincenzo e Paolo Antonio, a tal punto che i creditori fecero ricorso alla Congregazione dei Baroni.

Il castello viene così venduto a Pietro d’Altemps, duca di Gallese, che nel frattempo si era offerto di comprare Sipicciano per la somma di 60.000 scudi, «cum pacto redimendi intra 8 annos...». I Baglioni si rivolsero successivamente al principe Barberini di Montelibretti offrendolo al prezzo di 90.000 scudi, di cui 30.000 per pagare le ipoteche e le cauzioni, e da questi Francesco Baglioni l’11 agosto del 1632, ricevuta la somma concordata, riscattò il castello a favore del principe Taddeo Barberini, nipote di Urbano VIII. Poco dopo moriva Francesco al quale sucedettero i fratelli Vincenzo e Paolo Antonio i quali, il 15 gennaio 1633, confermarono la vendita al Barberini.

Dal Barberini, che in quegli anni aveva dato in affitto il castello e le sue proprietà ai viterbesi Andrea Maidalchini e Tommaso Malvicini, Sipicciano passa il 19 dicembre del 1644 e per la somma di 90.000 scudi, a Prospero Costaguti del fu Antonio, patrizio genovese e cittadino romano, la cui famiglia tenne il castello sino all’anno 1879.

Benchè piccola realtà agraria sino al 1870 Sipicciano aveva goduto di una propria autonomia e di un proprio bilancio. Nel 1872 il paese viene aggregato al comune di Roccalvecce che, oltre a riunirne il bilancio, ne assorbì i sopravanzi. Qualche anno dopo, il 7 aprile del 1887, Sipicciano inoltra domanda per essere aggregato al comune di Graffignano, contando i requisiti minimi richiesti dal Consiglio Provinciale di Roma, fissati in un numero di almeno 500 abitanti. Ma si presentano alcune difficoltà e Sipicciano tenta nuove strade, candidandosi all’aggregazione con il vicino comune di Civitella d’Agliano in data 21 giugno 1896, ma senza un nulla di fatto per le condizioni limitative imposte dallo stesso comune. Il tempo passa e Sipicciano continua la sua lotta a suon di richieste, timbri e carte bollate, sino al 1928 quando viene a far parte del comune di Graffignano del quale oggi è frazione, con una popolazione di circa 1.200 abitanti.

I più recenti dei tentativi di autonomia di Sipicciano sono sanciti dal DPR n. 852 del 28/08/1967 e dalla successiva LR del 24/05/1976, non andati a buon fine per decorrenza di termini.

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